Chi crede che assumere preparati a base di erbe sia un buon modo per curarsi evitando gli effetti collaterali dei farmaci di sintesi, sappia che anche i preparati cosiddetti “naturali” possono dare effetti collaterali e interazioni gravi come quelli di sintesi, con l’aggravante di non avere, nella maggior parte dei casi, test che ne assicurino efficacia e sicurezza.
Avvisano gli esperti
Lo scrivono due ricercatori italiani, Graziano Onder e Rosa Liperoti dell’Università Cattolica di Milano sulla rivista Jama. Questi farmaci, si legge nell’articolo, raramente sono testati, e spesso manca una prova dei loro benefici. “Solo l’uso dei mirtilli per la prevenzione delle infezioni urinarie nelle donne è supportato da evidenze scientifiche – si legge – mentre negli altri casi non ci sono prove. Ad esempio l’effetto dell’iperico per la depressione è ancora dibattuto. L’uso dell’echinacea per i raffreddori non ha il supporto di dati scientifici. Allo stesso modo le prove sono deboli per l’efficacia del ginseng, spesso usato per migliorare le performance cognitive”. Questo tipo di rimedi, continua l’articolo, possono essere percepiti erroneamente come sicuri perché ‘naturali’, ma hanno possibili effetti negativi come reazioni allergiche, asma, tachicardia e molti altri, fino ad arrivare a danni al fegato e shock anafilattici. “I farmaci a base di erbe possono anche modificare gli effetti di quelli convenzionali – sottolineano gli autori – Ad esempio mirtillo e Ginkgo Biloba devono essere usati con cautela dalle persone che assumono farmaci anticoagulanti. L’iperico interferisce con molti farmaci, dalla pillola anticoncezionale agli antidepressivi. Inoltre i principi attivi spesso non sono noti e ci sono contaminazioni”.